Comune di Tito

Il paese

La Casermetta

casermetta foto rifugio

Il rifugio "La casermetta" ricade nel perimetro del Parco Nazionale dell'Appennino Lucano, Val d'Agri-Lagonegrese, è un sito polivalente totalmente immerso nel verde in grado di ospitare ed intrattenere sia i più grandi sia i più piccoli.
Vi è un parco giochi dotato dei più classici divertimenti per bambini, altalene, giochi a molla... Nel vasto pianoro centrale vi sono varie strutture in grado di offrire gratuitamente ospitalità sia all'aperto, con tavoli, panche e numerosi punti barbecue, sia al coperto con gazebo in muratura. Per chi ama le attività all'aperto sono stati predisposti numerosi sentieri, tutti percorribili, sia escursionistici per gli amanti della natura e della botanica, sia per il fitness per quanti desiderano fare sport circondati dall'aria pura.

Ogni percorso è comunque dotato di appropriata segnaletica di orientamento e identificazione botanica per conoscere meglio le numerose specie vegetali che popolano il territorio; a tal proposito è stata ideata questa applicazione mobile che rende fruibile tale informazioni anche a persone con svantaggi motori o sensoriali. Nelle immediate vicinanze si erge la Torre di Satriano che si distacca nettamente dal paesaggio montuoso e collinare che la circonda connotando l'orizzonte di un'area vastissima della Basilicata centrale, è un sito di straordinaria rilevanza poiché consente di tracciare un percorso storico di lunga durata che va dalla media età del bronzo fino al basso Medioevo.

La Casermetta è adesso una delle prime eco aree pic-nic d'Italia.
» Vai al sito della eco-area La Casermetta e prenota un tavolo

L'app "La Casermetta" per esplorare l'orto botanico
» Android. L'app La Casermetta su google play
» iOS. L'app La Casermetta su apple store

Lo stemma

stemma taurisanoD'azzurro ad un T d'oro (che l'iniziale del nome) accostato da due stelle d'argento e sormontato da un sole parimenti d'oro... meno il campo ch'è... color di rosa. Aggiunge il motto: «Post Nebula Phoebus» forse alludente a disastri sofferti da essa, che poi fu riedificata con sorte migliore.
C. G. Gattini, Delle Armi de' Comuni della Provincia di Basilicata

Stemma in ferro battuto presente nel palazzo comunale.
Oggi è possibile ammirare uno stemma interamente in ferro esposto nella sede del Comune di Tito. Lo stemma è stato realizzato dal titese Rocco Taurisano, classe 1936, nel 2013, ed è stato donato alla cittadinanza titese nel 2014.
Rocco Taurisano ha cominciato sin da adolescente a lavorare il ferro: prima al seguito di suo fratello maggiore, successivamente presso una bottega di Avigliano, poi a Potenza e, ancora, in Svizzera dove ha vissuto per 11 anni  fino al ritorno in Italia, a Tito, nel 1973. Dal 1997, anno del pensionamento, lavora il ferro solo per passione.
Il pannello portante, largo 1100 mm ed alto 1450 mm, è realizzato in ferro battuto. Anche ciascuno degli elementi caratteristici dello stemma su di esso allocati (il sole con i suoi raggi, le foglie di alloro e di quercia, la corona e la "T" di Tito) sono stati realizzati interamente in ferro martellato a mano.
L'opera ha richiesto circa 150 ore di lavoro. Una curiosità: per ognuna delle 13 foglie di quercia sono stati necessari ben 150 colpi di martello!

doc Delibera n. 75 accettazione donazione

foto di Giuseppe Catone

Dati popolazione

Dati provvisori censimento popolazione 2011.

Popolazione residente: 7.189
maschi: 3.585
femmine: 3.604
numero famiglie: 2.666
popolazione residente in famiglia: 7.184
numero medio componenti per famiglia: 2,7
residenti in convivenza: 5

Abitazioni: 3.101
Altri tipi di alloggio occupati da residenti: 62


xls Dati popolazione Comuni della Basilicata (formato excel)

Personaggi Storici

Francesca Cafarelli De' Carolis

Patriota. Pur essendo nata a San Marco in Lamis (Foggia) forse nel 1755, è da considerarsi una titese illustre per aver sposato, probabilmente nel 1774, Scipione Cafarelli, esponente di una nobile famiglia del paese. L'eroica donna, madre di sette figli, abbracciò con la sua fami­glia le idee rivoluzionarie antiborboniche, par­tecipando nel marzo del 1799 ad innalzare, nella piazza di Tito, "l'albero della libertà". Il suo credo politico ne decretò una fine orribile: dopo essere stata barbaramente torturata, finì con l'essere giustiziata in piazza, mentre gridava "Viva la repubblica, viva la libertà!". All'eroina è stata intitolata una strada e anche la scuola elementare del paese.

Andrea Federici

Giureconsulto. Discendente da nobile famiglia, visse negli ultimi anni del Settecento, svolgendo attività forense soprattutto a Napoli. Scrisse molti libri di diritto.

Frate Giovanbattista da Tito

Religioso. Visse nel XVIII secolo.

Frate Matteo da Tito

Francescano. Fu frate laico e terziario e visse in epoca barocca, morendo il 30 luglio del 1664 in concetto di santità nel monastero potentino di Santa Maria.

Giuseppe Messina

Giureconsulto e magistrato vissuto nel XIX secolo. Da Tito ben presto si trasferì a Napoli per intraprendere gli studi giuridici. Dopo la laurea in Giurisprudenza intraprese la carriera giudi­ziaria, arrivando a ricoprire prestigiosi incarichi in tutto il Mezzogiorno. Fu infatti giudice regio, presidente di tribunale e consigliere della Corte d'appello in Campania, Basilicata, Sicilia. Fu anche insegnante e scrisse in materia giuridica pubblicando un "Trattato delle prove giudizia­rie in materia civile e commerciale" ed "Elementi di diritto civile secondo il codice italiano", opera rimasta incompiuta. È sepolto nella cripta della cappella campana della Congrega dei Nobili della Vita di San Potito.

Don Giuseppe Spera

Religioso. Nacque il 12 agosto 1835 da Raffaele e Caterina Salvia. La sua era una famiglia nobile di Tito che per la prima istruzione letteraria lo mandò a Napoli e poi nel capoluogo Potenza. Iniziò gli studi religiosi a Salerno, nel seminario diocesano, terminandoli nel seminario di Potenza dove fu ordinato sacerdote. Tornato a Napoli per ultimare gli studi universitari, fu costretto a riparare in paese in seguito ai moti carbonari del 1860. Sono di quegli anni molte opere letterarie che furono pubblicate, tra le quali è da menzionare il poema eroico "Il conte Verdi di Savoia" che gli valse la nomina a Cavaliere della Corona d'Italia. I suoi scritti lo portarono, inoltre, a essere membro di varie accademie italiane del tempo. Insegnò Lettere italiane e latine presso il semi­nario potentino e Letteratura italiana a Cava dei Tirreni, nel Liceo classico della badia benedetti­na. Fino agli inizi del secolo scorso insegnò anche presso la badia benedettina di Monte-cassino.

Percorso storico-religioso

Chiesa di San Laviero (Matrice)
L'edificazione della vetusta Matrice, come si evince da una pietra che è posta sulla facciata della diruta costruzione, risale al 1465. Più volte ricostruita in seguito ai crolli dovuti ai numero­sissimi terremoti avvenuti nel corso dei secoli, la chiesa è stata quasi rasa al suolo dal sisma del 1980.
Non ancora completamente riedificata, oggi si presenta con una facciata colorata in giallo e un tetto a capanna sul quale svetta un piccolo crocifisso. Vi si accede da un portale con arco a tutto sesto chiuso a vetri. Lateralmente conser­va una delle navate dell'edificio originario che era a pianta latina.

Cappella di San Vito

Ricostruita dopo il 1980, è una struttura non molto ampia, di colore grigio e bianco. Vi si accede da un portale avanzato rispetto alla fac­ciata. L'interno conserva un antico simulacro del santo titolare della chiesa, databile alla fine del '700.
Al di sotto dell'edificio sacro è posto l'Auditorium San Vito.

Chiesetta dell'Annunziata (o B.V. del Rosario di Pompei)

È un tempio con tetto a capanna diviso in due ordini. Sul portale rettangolare, incorniciato da mattoncini rossi, si apre un finestrone ad arco chiuso a vetri, a sua volta sormontato da un pic colo campanile a vela. L'interno si presenta a unica navata. L'altare è in marmo policromo. Ai lati due tele piccole di San Giuseppe e San Luigi, opera di un devoto milanese che realizzò anche una tela raffigurante la Madonna di Pompei. Tutte le opere sono moderne, risalgono infatti agli anni '50 del Novecento. Chiesetta della Madonna delle Grazie Ricostruita, a unica navata, sorge in rione Giostra. L'altare a muro è stato distrutto, oggi è in legno e poggia su un piedistallo che ha due gradini in pietra. L'interno custodisce un croci­fisso del Settecento, una Santa Filomena (XIX secolo), una Santa Lucia (fine Seicento), un Sant'Antonio Abate di fine Ottocento e una sta­tua lignea della Madonna delle Grazie. Cappella dell'Immacolata Concezione di Maria (ex cappella della stazione) Il piccolo edificio sacro dedicato all'Immacolata Concezione di Maria sorge nei pressi della sta­zione ferroviaria di Tito Scalo e fu costruito nel 1939 inizialmente con fondi e sul terreno del sacerdote Francesco Laurenzana. Riedificato completamente in seguito al terremoto del 1980, oggi è una moderna costruzione a unica navata che è diventata punto di riferimento dell'intera area. Una mensa di gusto semplice è sormonta­ta da un crocifisso.

Cappella del Monte Carmine

Piccolo tempio di campagna con tetto a capan­na. Ospita la Madonna che viene qui trasporta­ta a maggio dai fedeli e che l'8 settembre viene riportata in paese per essere riposta nella casa canonica.

Chiesetta dei Martiri

Sorge immediatamente fuori dell'abitato, a circa 1 km dal paese. Conservava le reliquie dei santi martiri Primo, Sonzio e Valentino, oggi custodi­te nella canonica. Chiesetta del Calvario.
Davanti a questa cappella un devoto pose 3 croci. L'edificio sacro sorge nel rione omonimo. A unica navata e pianta rettangolare, ha tra gli arredi sacri un crocifisso ottocentesco e un San Biagio coevo. Casa Canonica in via Notar Gallotto, la casa canonica custodi­sce le statue della Madonna del Carmine, di San Laviero, di San Donato, di Sant'Emidio e poi piccole statue di epoca diversa, tutte provenienti da chiese distrutte dal terremoto.

Monumento ai Caduti

Sorge in piazza del Seggio a memoria di quanti si immolarono per la patria durante i due gran­di conflitti. Su un basamento di marmo qua­drangolare, recintato da una piccola ringhiera in ferro battuto, è inciso il nome dei caduti. In cima, un fante giace morto ai piedi di una figu­ra femminile protesa verso di lui.

Palazzo Spera

È un'imponente costruzione su due livelli di fabbrica. Vi si accede da un portale con arco a tutto sesto poggiante su piedritti e chiuso, nella chiave di volta, da un motivo ornamentale sor­montato dallo stemma gentilizio. Al piano nobi­le si aprono una serie di balconi con ringhiere in ferro battuto dal gusto semplice.

Palazzo Postiglione

L'antica dimora nobiliare conserva un bel por­tale ad arco con bugne rettangolari e quadrate alternate, finemente cesellate con motivi orna­mentali. La composizione dell'arco è chiusa, nella chiave di volta, dallo stemma nobiliare dei Postiglione.

Prodotti tipici

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DOVE ACQUISTARE I PRODOTTI TIPICI

Prodotti caseari tradizionali:

- LATTERIA SALVIA
Via Sant’Anna, 45
www.latteriasalvia.it

- LATTERIA TRIPALDI
Via V. Emanuele, 246
Tel. 0971/798557

Pane, pasta e biscotti tipici:

- PANIFICIO ALTIERI
Via V. Emanuele
0971/794723

- PANIFICIO ARTE BIANCA
Via V. Emanuele
0971/798119

- PANIFICIO BUONO
Via Fontanelle
0971/794694

- PANIFICIO GIURNI
c/da Spineta
0971/485035

- PANIFICIO GIUZIO
Via San Vito
0971/794849

- PASTIFICIO ARTIGIANALE BIOPASTA
C/da Serra, 188
0971/485270

L'accoglienza

DOVE DORMIRE

Cargallo
Hotel e ristorante
C/da Serra, 3
85050 Tito (Pz)
Tel. 0971 485105 - Fax 0971 485139

I Rocchi
Hotel
C/da Santa Loja
85050 Tito Scalo, (Pz)
Tel. e fax 0971 651029
irocchihotel.com

Hotel Lucano
Hotel
Via Scalo Ferroviario, Tito scalo (Pz)
Tel. 0971 485069

La Locanda del buon formaggio
Bed&breakfast
C.da Serra, 2D
85050 - Tito Scalo (Pz)
Tel. 0971 485771
lalocandadelbuonformaggio.it

La Piana
Hotel e ristorante
C/da Serra - Zona P.i.p.
85050 Tito scalo (Pz)
Tel. 0971 485822 - Fax 0971 485822
lapianahotel.it

Mephitis
Hotel e ristorante
C.da Acqua Bianca, 7
85050 - Tito (Pz)
Tel. 0971 794537

Pensione Nuovo Albergo
85050 Tito scalo (Pz)
Cell. 333 4814508

Santa Loya
Hotel e ristorante
C/da Santa Loya, snc
85050 Tito (Pz)
Tel. 0971 485692 - Fax 0971 485255
santaloja.it


DOVE MANGIARE

Ascenedda
Pizzeria
Via S. Vito 2, Tito (Pz)
Tel. 0971 794498
Chiusura: lunedì

Cargallo
Ristorante
C/da Serra, Tito scalo (Pz)
Tel. 0971 485105
Chiusura: domenica

La Pannocchia
Agriturismo
C.da Frascheto, Tito scalo (Pz)
Tel. 0971 485766
Chiusura: lunedì

Mephitis
Ristorante
C/da Acqua Bianca 7, Tito scalo (Pz) 
Tel. 0971 794537

Miseria e nobiltà
Ristorante
C/da Macchia 52, Tito scalo (Pz)
Tel. 348 089 4676

Santa Venere
Agriturismo
C.da Santa Venere, 85050 Tito (Pz)
Tel. 0971.1830879 - Cell. 335.5909467
agriturismosantavenere.net

Sole e luna
Pizzeria
Via Scalo Ferroviario 17, Tito scalo (Pz)
Tel. 0971 485069

 

Feste e Sagre

 

Eventi e manifestazioni.
Come in molti altri centri della Basilicata, grandi festeggiamenti sono riservati alla Vergine.
A Tito molto sentita è la festa in onore della Madonna del Carmine, la prima domenica di maggio, quando la statua viene portata, dalla Chiesa Madre del paese, alla Chiesa della Madonna del Monte.
Qui viene periodicamente celebrata la Messa e si effettuano pellegrinaggi, fino all'8 settembre, data in cui i titesi, in processione, riportano la statua della Madonna in paese, lasciandola però all'ingresso dell'abitato, a raccogliere le preghiere dei fedeli.
Sempre in onore della Madonna del Carmine, si svolgono festeggiamenti la prima domenica di luglio, nel caratteristico borgo detto “ai piedi della Terra”, dove si ritiene sia sorto il primo nucleo di Tito, e dove si trova una piccola cappella aperta solo in occasione della festa.
Altre manifestazioni sentite tra la popolazione sono quelle in occasione della Pasqua: la Via Crucis vivente il Venerdì Santo e la processione dell'Addolorata in costume il Sabato Santo.
È da segnalare, inoltre, il cerimoniale in onore di S. Giuseppe che si tiene il 18 marzo: in quest'occasione si svolge una gara tra gli abitanti di Tito per la raccolta di fascine, che poi verranno accese nei vari rioni del paese, in competizione tra loro per il falò più grande.

Manifestazioni ed eventi:

1° domenica
di maggio
Festa in onore della Beata Vergine del Carmine
Processione dalla Chiesa Madre alla Madonna del Monte Carmelo dove periodicamente viene celebrata la S. Messa e vi si reca in pellegrinaggio.
13 giugno Festeggiamenti in onore di Sant'Antonio da Padova
7 agosto Festeggiamenti in onore di San Donato
8 settembre Festa in onore della Beata Vergine del Carmine
Processione dal Monte alla Chiesa Madre, la statua della Madonna del Carmine viene riportata in paese dove viene lasciata all'ingresso per raccogliere le preghiere dei fedeli.
17 novembre Festaggiamenti in onore di San Laviero patrono di Tito
Fiere e mercati
23 maggio
4 agosto
15
novembre
Fiera delle merci località Fondo valle
mercato 2° e 4° giovedì del mese - via San Vito

Il Convento

Convento di Sant'Antonio da Padova

L'antichissimo cenobio intitolato al santo porto­ghese è stato completamente ristrutturato dopo l'ultimo sisma.

L'epoca della sua edificazione si attesta ai primi anni del XVI secolo, quando i cittadini provvi­dero, con le loro donazioni e con beni del Comune, alla sua costruzione per poi conse­gnarlo a padre Gianfrancesco da Potenza, del­l'ordine dei Francescani.

A pianta quadrata, il convento presenta una teoria di quattro archi per ogni lato, che si affac­ciano sul chiostro interno, dove un tempo erano sistemati un pozzo per la raccolta dell'acqua, predisposto per le esigenze dei frati.
Degno di nota è l'affresco posto sulla parete del­l'annessa chiesa (lato settentrionale) che ripro­duce i miracoli compiuti da Sant'Antonio da Padova nel corso della sua vita. L'opera si compone di sei quadri che sono stati commissionati da titesi in segno di devozione al santo.

Alla fine della stessa parete campeggia in alto un dipinto a semiluna raffigurante il batte­simo di Gesù. Il muro perimetrale è, invece, impreziosito dagli affreschi a lunetta con le effi­gi dei tre profeti Nahum, Osea e Sofonia e da quelli, più piccoli, di tre studiosi: (Si)lverus Hispan(US), (A)ntonius Quevara e Franciscus Gotus. Tutto il corridoio, con volta a botte, pre­senta altre lune. Centralmente ne sono poste otto, di cui tre non più leggibili. Le cinque rima­ste rappresentano una colomba (lo Spirito Santo), una Croce con globo, l'Agnello con un libro e un sigillo, una Croce e un'altra figura sacra che non si riesce a identificare con preci­sione. A destra e a sinistra vi sono sette lune in alto e otto in basso, tutte affrescate con figure sacre più o meno leggibili.

Un altro corridoio degno di menzione nel monastero (lato ovest) è quello affrescato con nove immagini, raffiguranti anch'essi i miracoli del santo, fatte realizzare dai fedeli devoti. Il corridoio a sud è riccamente affrescato con sette quadri a tema uguale; quello a est presenta immagini non più decifrabili e quindici lunette che raffigurano personaggi mitici e della Bibbia. In questo lato del convento, alla finedel corri­doio, è dipinta una Pietà con San Francesco. Una scala conduce al piano superiore, dove si aprivano le celle dei frati, che hanno varie aper­ture sul chiostro.

Sequeri: la tecnologia recupera e racconta gli affreschi del Convento di Tito

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La Chiesa del Convento

Coeva all'epoca di costruzione del cenobio è la chiesa adiacente, a due navate riccamente stuc­cate. Vi si accede da un portale sul quale spicca lo stemma dei Francescani. Sul lato destro dell’aula si aprono alcune nicchie decorate con madonne e santi e arricchite da motivi orna­mentali.

La zona presbiteriale, a cui si accede da una sca­linata, è sormontata da un arco trionfale. Una cattedra per le funzioni liturgiche spicca a destra del presbiterio, sulla sinistra invece c'è un pianerottolo policromo per l'organo (che un tempo era a canne). Dietro l'altare maggiore c'è un coro ligneo.

Nella navata laterale dell'edificio sacro si con­servano due altari dedicati a Sant’Antonio da Padova e a San Francesco, sormontati da due nicchie contenenti le statue dei santi in legno finemente intagliato. Tra gli arredi sacri vanno menzionati: le statue di San Vito, San Rocco, San Pasquale e San Biagio, racchiuse in piccole nicchie lignee; un olio di Giovanni De Gregorio (detto "il pietrafesano") che rappresenta un'Immacolata (1629); un quadro della Madonna Assunta in cielo; quattordici quadretti, di forma ovale, raffiguranti le stazioni della Via Crucis; le tre opere pittoriche di Santa Chiara, Santa Marta e del martirio di Santa Cecilia; una statua in legno della Madonna del Carmine. Nella chiesa un tempo avveniva la sepoltura dei morti, come attestano le numerose nicchie che avevano sul pavimento botole ribaltabili successivamente interrate per motivi di sicurezza.

Le Associazioni

Le Associazioni

La Torre

>>>>Visita gli scavi archeologici effettuati sulla Torre<<<<

La collina di Satriano-Percorrendo la Statale 95, che da Tito porta a Brienza, e oltrepassato, al Km 23,3 il varco di Pietrafesa, a mt 855, si scende tortuosamente nel bacino del Melandro che qui offre scorci suggestivi. Rasentando le pendici della Serra di S. Vito, in alto a sinistra si scorge la torre di Satriano che, da un'altezza di 956 metri, visibile per vari chilometri da più punti, domina tutto il territorio.

Il sito, raggiungibile in macchina fino ad un certo punto, e poi a piedi, presenta i resti della torre quadrata edificata dai Normanni nel XII secolo, ruderi di mura e di un' antica basilica dedicata a S. Stefano protomartire. E' ciò che resta dell'antica Satrianum, roccaforte longobarda sorta su un sito dalla complessa storiografia, successivamente contea normanna e sede vescovile, rasa al suolo definitivamente nel 1420 circa ad opera di Giovanna II.

La collina di Satriano è uno dei luoghi simbolo della storia della Lucania antica, poiché presenta un'articolata stratificazione archeologica che va dall'età del ferro al Medio Evo. Gli scavi hanno portato alla luce reperti che attestano l'esistenza di influenze elleniche, come ceramiche a tre colori e suppellettili verniciate in nero. Individuate, inoltre, una Acropoli e varie necropoli, nonché, lungo il pendio sud-occidentale della collina, in un'area ricca di acque sorgive, i resti di un'imponente fortificazione e di un santuario (databile tra il IV e il III sec. a.C.) dedicato ad una divinità maschile guerriera.

Il Santuario presenta un'architettura molto complessa: un muro a delimitazione dello spazio sacro, in cui si trovava il tempietto a pianta quadrangolare della divinità, una sala da banchetto, uno spazio per il culto, un portico. Molti dei reperti ritrovati nelle varie campagne di scavo si possono ammirare nel Museo Archeologico “Satriano le Origini”, a Satriano, in Via De Gregorio.
Della Satrianum dell'età del ferro sappiamo che fu una città fiorente, grazie alla sua posizione strategica.

Posta su una delle vette nord-sud più alte di questa parte del Meridione, si presenta come crocevia tra la costa tirrenica e il Golfo di Taranto: ad Ovest, infatti, il valico verso Brienza la collega al Vallo di Diano; la valle del Melandro favorisce le relazioni con la Campania e, infine, facili collegamenti con Potenza l'avvicinano alla valle del Basento e, quindi, alla costa ionica. Per questo motivo alcuni hanno avvicinato l'antica Satrianum all'altra, sola, comunità italiana dell'età del ferro la cui storia ci è stata dettagliatamente tramandata, Roma.

Entrambe, infatti, nascono come stazioni di vitale importanza su vie di comunicazione. Distrutta nel 330 a.C. da Alessandro il Molosso, zio di Alessandro Magno, che sull'acropolis fece in seguito costruire una fortezza, Satrianum fu espugnata dai Romani nel 30 sec. a.C. Risulta essere sede vescovile già nell'878: qui si conservavano le reliquie di S. Laverio, ucciso durante le persecuzioni di Diocleziano.

La sua definitiva rovina avviene nel 1420, quando è rasa al suolo per volere di Giovanna II, e mai più ricostruita. I suoi abitanti si dispersero nei paesi vicini di Pietrafixa (oggi Satriano) e Tito, e del suo glorioso passato non rimasero che il nome, i resti che ancor oggi possiamo visitare e i racconti a metà tra la realtà e la fantasia circa la sua distruzione  

Come arrivare

La Storia

La scarsità e l'incertezza delle notizie avvolgono di un velo di mistero la storia del paese di Tito.

A causa dei violenti terremoti che hanno colpito questo centro, è andato distrutto tutto quel che poteva servire a ricostruirne le vicende storiche e l'origine del nome, tanto che si rischia di cadere nel leggendario.

Sull'etimologia di Tito gli interpreti hanno offerto almeno quattro diverse ipotesi, come riferisce don Nicola Laurenzana, autore di numerosi libri sulla storia del paese. Esso potrebbe derivare da "Tutus" (sicuro, fortificato) che significherebbe "luogo fortificato, fortezza, luogo inespugnabile, etc.". In considerazione delle guerre, delle rappresaglie e delle razzie a cui i centri abitati furono sottoposti, il nome starebbe a sottolineare l'abilità dei titesi nel difendersi dai pericoli e da chi minacciava la loro sicurezza. Tale ipotesi è avvalorata da una frase presente nello stemma del paese "Post nubila phoebus" (dopo le nuvole apparirà il sereno), segno di come i cittadini sperassero di affrontare con successo tutte le difficoltà.

Ma "Tutus" potrebbe anche riferirsi alla posizione geografica del paese, il cui nucleo più antico si trovava in un luogo più alto, a nord-est del Monte Carmine. Da (ì la gente si spostò successivamente a valle per godere delle acque del fiume Noce. Una seconda ipotesi fa risalire il nome Tito a "Titus", ovvero soldato, riferendosi alla presenza nel paese di un antico accampamento di soldati romani, testimoniata dal ritrovamento di alcune punte d'armi in ferro.

C'è poi chi fa derivare Tito da "Titulus", cioè confine, limite, alludendo alla zona limite degli scontri alterni tra romani e cartaginesi o alla zona di confine tra il governatorato bizantino ed il Principato di Salerno o, anche, alla zona di confine tra i feudi maggiori, alle dipendenze dei sovrani normanni, e i feudi minori, dipendenti dai principi.

Il nome, infine, potrebbe anche provenire da "Titulus" con significato di tomba, monumento, alludendo, in questo caso, al luogo dove gli scontri tra romani e cartaginesi diedero luogo a diversi morti, che rimasero abbandonati in quel luogo. Al di là dell'etimologia, l'unico dato certo che si ha sul paese è che, a seguito della distruzione di Satriano (per mano della regina Giovanna III nel 1430, la popolazione aumentò notevolmente, raggiungendo i 4000 abitanti intorno al 1800.

Altri eventi degni di nota, per una ricostruzione storica del centro, sono i terremoti del 1649 e del 1694, che rasero quasi completamente al suolo il paese e le sue chiese. D'altronde questo periodo storico fu davvero fosco per Tito, come per molti altri centri lucani, a causa dello spadroneggiare di nobili e feudatari e a causa della piaga del banditismo. Un simbolo forte del periodo feudale a Tito è di certo il "Castello" (dei quale oggi resta semplicemente una via), appartenuto in origine ai Principi Ludovisi, poi acquistato dai Principi di Stigliano, in seguito dal Marchese di Satriano, il Barone Laviano, e infine nel 1727 venduto alla famiglia del sig. Luigi Spera di Tito. Il clero ebbe particolare rilevanza nella vita del paese, la cui popolazione a cavallo tra il 1700 e il 180o era costituita prevalentemente da "nobili" (famiglie gentilizie), "galantuomini", "mastri", "massari" di campo e "mendichi". Proveniente in genere dalla borghesia, il clero viveva per lo più dei lasciti che i proprietari tesseri locali facevano alla Chiesa per devozione. La Chiesa diventò dunque “ricettizia”, in quanto “riceveva”le donazioni dei benefattori e amministrava questo patrimonio attraverso il clero locale. Anche Tito, come molti altri paesi della Basilicata, fu coinvolto dagli eventi della rivoluzione repubblicana. Invitato da una lettera del cardinale Ruffo a collaborare con i Borboni, contro i rivoluzionari, Don Antonio Vallano di Satriano, assieme ai suoi concittadini tentò dì convincere i titesi a sostenere la causa Borbonica, ma fu ucciso dal. patriota titese Vito Greco.

In seguito, il paese di Tito subì l'attacco di 4000 sanfedisti che i rivoluzionari tintesi, dopo alterne vicende riuscirono a mettere in fuga, grazie all’aiuto di un gruppo di repubblicani, guidati dai fratelli Vaccaro di Avigliano. Nonostante ciò, la rivoluzione repubblicana venne soffocata e stroncata, provocando la morte di numerosi repubblicani titesi. Notizie sulla loro morte si trovano nel Registro dei morti del 1799, presso l’Archivio parrocchiale di Tito.

Dopo l’Unità d'Italia, anche Tito fu toccato dal fenomeno del brigantaggio Scrive, infatti, Laurenzana Corne alto", la presenza dei briganti nel nostro territorio fu favorita dalla natura montuosa e dalla presenza dei folti boschi. Avevano agganci (e non sempre segreti) con cittadini che spesso li accoglievano, li nutrivano, offrivano informazioni su persone, famiglie e situazioni e con lauti compensi si affidavano alle loro iniziative per consumare vendette familiari o addirittura liberarsi da elementi scomodi, invisi o prepotenti. ( .. )

I luoghi preferiti erano i boschi del "Grutto", de “I Franci", della "Montagna", di "Carlone", di "Schiena d'asino" o i nascondigli del "Pisciolo"". tra le pagine più tristi della storia di Tito c'è sicuramente il terremoto del 1980 che ha segnato profondamente la comunità. Oggi, a seguito di interventi mirati sul patrimonio edile ed infrastrutturale, il paese sta riacquistando il suo antico splendore.

 

LE TERME

Nel territorio di Tito fin dall'antichità sgorgano sorgenti d'acqua minerale, definite già nell’800 come acque sulfuree e ferruginose, impiegate per la cura di diverse malattie. La peculiarità di queste acque è quella di lasciare un residuo di colore bianco, impresso sulle pietre, che ha dato il nome di "Acqua Bianca" alla località, situata a poca distanza dall'abitato. Questo luogo era molto frequentato in passato dagli abitanti del paese che utilizzavano (e acque per bagnarsi o semplicemente per dissetarsi. A fine 80o ci fu un tentativo, da parte della famiglia Coiro - Lecaldani, di creare una sorta di "complesso" termale aperto al pubblico, costituito con molta probabilità da due grosse vasche all'aperto e una casetta. L’esperienza non durò però per più di vent'anni. Più di recente, il titese Gerardo Luongo ha tentato di ridar gloria alle vecchie terme, trasportando nel suo fondo privato una parte dell'acqua sulfurea che sgorga nel territorio di "Acqua Bianca", e offrendo agli utenti oltre alle proprietà terapeutiche delle acque, ottima accoglienza, buona cucina, buon vino e aria salubre. Oggi nella zona in cui si trovano le curative acque ferrose, sulfuree e naturali gli eredi dei vecchio proprietario hanno realizzato una ridente e accogliente struttura ricettiva, il "Mephitis", dal nome della dea che veniva venerata sotto la torre di Satriano. II locale abbina alla genuinità dei prodotti offerti un contesto naturale di indubbio fascino.

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